“Ho lanciato il cuore oltre l’ostacolo” - Intervista al golfista Brando Tommasi
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Brando Tommasi a 39 anni è il Direttore dell’Istruzione al Jim McLean Golf School al Miami Beach Golf Club (Florida, USA), “The world’s #1 Golf School”, come leggiamo sul sito della scuola.
Vive a Miami e lo scorso anno la rivista Golf Digest, il punto di riferimento editoriale per tutti gli appassionati di questo sport, l’ha eletto tra i migliori istruttori under 40 degli Stati Uniti e recentemente ha ricevuto un premio che lo riconosce come il miglior maestro dello Stato della Florida. I suoi allievi sono giocatori e giocatrici professionisti di calibro internazionale, aspiranti tali, amatori e altri insegnanti, tra i migliori degli States. Basta scorrere la sua griglia di Instagram per capire quanto il golf si fonda con la sua vita: un lavoro che di fatto è un’autentica passione.
Lo incontriamo al Castello Tolcinasco, Golf & Resort Spa, dove ha mosso i suoi primi passi da insegnante, e lasciamo che sia lui a raccontarsi.
Dico sempre che tra le mie più grandi fortune ci sono state nascere negli Stati Uniti e avere come maestro di golf Daniele Bagliano, attuale allenatore della Nazionale Italiana Professionisti.
Per il lavoro di mio padre ho vissuto negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Italia. Essere un italiano con passaporto statunitense è stato per la mia carriera un importante plus.
Anche i meno esperti sanno che il golf è una disciplina che pretende molto allenamento, un’assoluta dedizione e una cura meticolosa per la tecnica.
Ho iniziato a giocare a Roma, all’Olgiata Golf Club, mentre frequentavo il liceo, e in soli tre anni sono diventato professionista: un mestiere difficilissimo. Da fuori si vede la facciata fatta di onori e prati verdi ben rasati, ma la verità è che occorre sviluppare una sorta di devozione per il golf. Mi allenavo 6 giorni su 7 e comunque non riuscivo a colmare il gap con chi aveva iniziato molto prima di me. Se capitava che per un qualche motivo non mi potessi allenare per più di un giorno perdevo il ritmo.
Mi sono appassionato alla tecnica e ho scelto di intraprendere la strada dell’insegnamento. Mi hanno reclutato qui, a Tolcinasco, al Blue Team Golf Academy, e ho iniziato a crescere giovani dilettanti che da lì a poco avrebbero fatto il passaggio al mondo del professionismo. In inverno avevo la possibilità di andare in Florida per continuare a fare pratica e affinare la tecnica. Nel 2015 Jim McLean, il fondatore della scuola in cui oggi lavoro e tra i top 5 istruttori di golf al mondo, a cui sono profondamente legato tramite un rapporto di stima e amicizia, mi ha chiesto di iniziare un percorso di insegnamento alla Jim McLean Golf School: non ci ho pensato due volte e con il doppio passaporto non ho avuto intoppi burocratici.
Sei anche mental coach certificato.
Mi occupo anche dell’aspetto psicologico dei giocatori. Negli anni di professionismo sono stato affiancato dal dott. Stefano Albano a cui devo molto. Una volta diventato insegnante, ho voluto approfondire questo lato della preparazione che è fondamentale tanto quanto l’allenamento tecnico e atletico. Per raggiungere risultati considerevoli è imprescindibile avere il giusto mindset: è la testa a comandare il corpo, mantenere la concentrazione, preparare il fisico ad una gara.
Ti manca l’Italia?
Vivere a Miami significa vivere ogni giorno in un ambiente molto internazionale ed estremamente stimolante. Sono felice di essere capitato in questa parte di mondo. Non nego però che spesso mi è mancata la veridicità dei rapporti umani, quella profondità che ho trovato solo nei legami di amicizia che ho stretto in Italia. Gli americani sono molto aperti e sorridenti inizialmente, forse più degli italiani, che nell’immaginario collettivo sono così ospitali e amichevoli. Tuttavia, si può incontrare grande difficoltà nello sviluppare rapporti autentici e duraturi. Capita, più che in Italia, di sentirsi un numero, un voto dato alle proprie performance sportive e lavorative. Forse le caratteristiche che mi differenziano sono la capacità di provare empatia e di instaurare un rapporto reale con le persone, tratti tipici dell’indole italiana. Per me insegnare è trasferire la mia preparazione, il mio sapere all’allievo e passare del tempo di qualità sul verde del campo da golf.
Come hai conosciuto lirecento?
Alessio, lo stylist di lirecento, è un amico dai tempi della scuola. Io sono appassionato di moda sartoriale maschile e lui ha confezionato in passato per me molti abiti. Un giorno mi ha raccontato del brand, delle fondamenta solide impregnate di filosofia made in Italy che ne stanno alla base, della cura per la scelta delle materie e dell’attenzione al dettaglio e… me ne sono appassionato. Ho voluto provare i pantaloni e da allora li indosso sia in campo che fuori. Ovviamente non è un marchio nato per golfisti, ma la scelta dei tessuti, comodi ma resistenti, e il taglio delle tasche, sono ideali per chi pratica questo sport. Anche se si tratta di capi ready to wear li ho trovati sia eccellenti per il mio modo di vestire quotidiano, casual ma molto curato, sia funzionali, tecnici e con una resa estetica che non passa inosservata. La vasta scelta di colori e il prezzo onesto sono secondo me i veri fiori all’occhiello.
In molti, leggendo quest’intervista si domanderanno: “ma qual è il segreto per una carriera di successo nel golf?”. Chiediamo a Brando di svelare il suo.
Premetto che non avrei mai pensato che un giorno sarei stato un insegnante di golf negli Stati Uniti. Ho iniziato questo sport con la serietà che ha contraddistinto ogni mio percorso sportivo antecedente e ad un certo punto ho dovuto scegliere: voglio continuare con un percorso di studi in economia che poi mi porterà a lavorare nel mondo della finanza o dedicarmi a questo sport? Ho lanciato il cuore oltre l’ostacolo e sono passato all’insegnamento. La scelta migliore che potessi fare.
Fondamentale è stato avere Daniele Bagliano, il mio mentore, come consigliere. Trovare l’allenatore giusto è essenziale: il bravo coach è quello che sa leggerti, che ci vede lungo e che, può capitare, ti dice ciò che non vorresti mai sentire.
Inoltre, senza giri di parole, soprattutto in Italia in cui non esistono borse di studio per lo sport, non si può pensare di riuscire senza risorse economiche. Devo dunque ringraziare i miei genitori che hanno creduto in me e che hanno sponsorizzato il mio percorso sportivo.
Ma queste premesse ancora non sarebbero state sufficienti se non le avessi condite con grande spirito di sacrificio e un’inquantificabile dose di perseveranza, alimentando la speranza di non inciampare in incidenti di percorso come infortuni fisici.
Le chances di avere successo sono, insomma, bassissime: su 66.000.000 giocatori al mondo poche centinaia arrivano ai vertici mondiali. Tuttavia, resto dell’idea che volere è potere. Il mio consiglio dunque è partire con tutte queste carte in regola, porsi degli obiettivi realistici sul breve-medio-lungo termine e… avere dalla propria anche una buona dose di fortuna!
I.B.