Matteo Celon. L’italianità non è mai banale

Incontriamo Matteo Celon mentre si trova a casa, a Torri del Benaco, sulla riva veronese del Lago di Garda. A 26 anni è il più giovane dell’equipaggio Luna Rossa Prada Pirelli, leva giovanissima della serie di imbarcazioni a vela che con bandiera italiana gareggiano, tra le altre competizioni, per l’America’s Cup.

Anche durante i convenevoli di rito non riesce a non parlare dell’acqua, l’elemento naturale con cui ha un rapporto viscerale, profondo, simbiotico, costruito non senza fatica. Non ce ne voglia la sua fidanzata se riportiamo che Matteo ci racconta che andandola a trovare la scorsa settimana, a Madrid, ha fatto fatica a sostenere la distanza dal suo elemento: non riesco a stare più di tanto lontano dal mare, dal lago. Ne sento la mancanza.

Sono originario del lago di Garda in cui vento, sole, correnti, montagne, boschi, neve sono potenti e reali. In mezz’ora, al massimo un’ora si arriva dovunque: da Malcesine al Monte Baldo, dall’acqua agli sci. Io lo chiamo “il mio parco giochi naturale”, dove l’interazione tra uomo e natura mi fa provare emozioni insuperabili, insieme delicate e violente.
Il Lago è una continua scoperta di tanti posti tipici, che sanno di italianità: la storia è scritta sulle mura dei castelli, tra i sentieri battuti e sui pontili corrosi dall’acqua. Viaggio molto e spesso attracco in porti finti, costruiti, senza passato e apprezzo ancora di più le mie radici.

Matteo è figlio d’arte, il padre è stato un grande velista che ha partecipato a tre Olimpiadi e ha solcato i mari durante due Coppe America. La madre è un'insegnante di sci, nonché di educazione fisica. Se un giorno troveremo la biografia di Matteo in libreria il capitolo sulla sua infanzia e adolescenza con ogni probabilità avrà come titolo “pane e sport”.

Prima di andare a scuola mi allenavo. Ho cambiato molte discipline da giovane e in ognuna ho dedicato tutto me stesso, riuscendo a raggiungere sempre livelli agonistici. Mi piaceva constatare come con dedizione e esercizio potevo raggiungere compagni che avevano iniziato molto prima di me o che erano naturalmente più portati per quell’attività. Ecco, io non sono mai stato “quello talentuoso”. Ma è stato meglio così perché ho visto molti ragazzi davvero dotati e validi bruciarsi in fretta, dare tutto e troppo subito. Lo sport invece è costanza, pazienza, fatica.

 

Una vita, una vocazione. Già da piccolo Matteo sapeva che avrebbe fatto l’atleta. La passione per lo sport e il sapore del sudore che lo hanno nutrito sin da neonato si sono trasformati con gli anni in ambizione e sete di affermazione, senza mai un accenno di arroganza, sempre con umiltà e predisposizione al sacrificio.

Ma l’amore per l’acqua non è stato un colpo di fulmine. Io non ho mai amato gli sport acquatici come il nuoto, ma, pur non avendo mai sentito pressioni da mio padre, mi è sembrato naturale provare la barca a vela. A 8 anni ho iniziato a navigare con una deriva, una monoposto, ma il vento e l’acqua mi facevano paura: dopo due anni ad arrivare sempre ultimo e a inventarmi strane scuse per non uscire, ho mollato. A 15 anni, dopo aver provato un’infinità di altri sport mi sono chiesto: ma com’è che in tutti, dall’atletica allo sci di fondo, riesco, mentre nella vela faccio così fatica? Mi sono imposto questa sfida e ho capito che la tenacia, la dedizione e l’allenamento possono portarci oltre i limiti che la nostra mente ci imporrebbe. A 18 ho mollato lo sci di fondo in inverno per dedicarmi tutto l’anno alla vela. La seduzione per questo sport si mescolava inizialmente a sensazioni di odio… Alla fine me ne sono innamorato perdutamente.

Come in ogni grande storia d’amore è stato necessario un periodo di conoscenza caratterizzato da una forte attrazione, insaporito da un pizzico di avversione. Di nuovo, concentrazione, pazienza, fiducia nel tempo e nelle proprie risorse mentali e fisiche. Gli chiediamo, dunque, se è un tipo metodico anche nella vita di tutti i giorni.

Rispondo parlando di cose serie, cioè di cibo. (Ride, ndr) Prendiamo per esempio la carbonara o una crostata. Tutti dicono di saperle fare, ma quanti le sanno fare BENE? Quali sono i giusti ingredienti, quali le quantità, quali i tempi… In ogni cosa ci vuole metodo, studio, concentrazione e avere ben chiaro l’obiettivo: che sia cucinare una carbonara per gli amici o prepararsi per l’America’s Cup.

Scopriamo così che Matteo se la cava anche in cucina. Un amore smodato per l’Italia a 360 gradi, dunque. 

Quando gareggio sento di portare la bandiera tricolore. L’italianità non è mai monotona. In ogni cosa che facciamo, dalla moda al cibo, dallo sport alla semplice vita quotidiana, c’è sempre originalità. C’è semplicità, leggerezza, ma mai banalità. Ho viaggiato davvero tanto e la mia destinazione preferita resta l’Italia: le sue coste sono mozzafiato. Dal mare si apprezzano scogliere, paesini diroccati e vegetazione impareggiabili. Mettiamola così: se una cosa è bella, o buona, tornando alla carbonara di prima (Ride di nuovo, ndr), è sempre italiana.

A 19 anni la vela diventa il suo lavoro, grazie anche al sostegno iniziale della sua famiglia. I costi sono elevati e i soli lavoretti estivi aiutano, ma non sono sufficienti. Un investimento che presto viene ricompensato: a 21 anni Matteo è scelto per il team Luna Rossa Pirelli.

Lì è cambiato tutto. Navigare nella barca sogno di ogni velista con altri 10 marinai è ben diverso dalla deriva o dal laser – imbarcazioni a vela mono o biposto – che usavo sul Lago di Garda. Aumenta la responsabilità, aumenta la pressione.
Io mi ero approcciato al mondo della barca a vela più come atleta, ma esperienza e maturità mi hanno permesso di cogliere che la prestanza fisica, una solida muscolatura e una buona resistenza non sono nulla se non ci sono attitudini mentali e concentrazione. È la mente che controlla le sensazioni, che mette in allerta in caso di pericolo, che in una frazione di secondo deve fornirti l’intuizione che porta alla soluzione. Meteo, correnti, attrezzatura, campo di regata, avversari, sono tutte variabili che durante una competizione devono essere messe in ordine nella testa e non ammassarsi alla rinfusa, altrimenti si commettono errori, altrimenti si compromette il lavoro di tutti. È emblematico che io porti sempre con me un materassino per gli esercizi fisici e un libro per allenare la mente.

Non fatichiamo, ora, a comprendere perché Matteo abbia scelto proprio la vela: lo spazio per migliorarsi è tanto in quanto infiniti sono gli imprevisti. Ce lo ricordiamo dall’ultima edizione dell’America’s Cup, persa per un errore tecnico di lettura del campo: è arrivata una raffica di vento improvvisa, che il team non ha potuto prevedere. Matteo era impegnato a incidere le onde con il ruolo di grinder, uno degli 8 addetti ai verricelli. Sono i marinai che non possono fermarsi, che gonfiano il petto e muovono le braccia a ritmo, con forza, vigore, ma anche scioltezza e applicazione.

Il ruolo di grinder mi si addice particolarmente, ma sono ancora giovane e sento di non volermi fossilizzare in questa posizione. Voglio sperimentare il più possibile: in ogni parte trovo delle peculiarità interessanti e stimolanti e mi piace sentirmi in una sfida continua.

Lavoro di squadra e su se stessi incalzano quotidianamente. Non c’è un momento di riposo dalla dedizione all’allenamento e alla barca, che non è solo un oggetto, ma l’altro in un rapporto a due che deve essere continuamente alimentato. 

Incoraggio chi si approccia alla vela a dedicarsi alla barca, sporcarsi le mani nella pulizia, nelle migliorie e nella cura. È il marinaio che deve renderla prestante e solida. Aver iniziato con imbarcazioni singole ed esserne stato il solo responsabile mi è servito. Replico le stesse attenzioni all’imbarcazione anche adesso che sono in un team che al completo si compone di 120 persone, professionisti di ogni settore che passano da attività estremamente umili a lavori delicati e per i quali bisogna essere altamente qualificati.
Conoscere approfonditamente la barca in ogni suo componente è anche un modo per vincere la paura delle onde e del vento. È vero che quando si è là fuori si è a tu per tu con la natura, ed è lei ad avere l’ultima parola, ma se conosci alla perfezione quali sono le risorse che hai a tua disposizione sei sicuramente avvantaggiato.

Un altro modo che ha trovato Matteo per vincere la soggezione iniziale che l’acqua e le onde gli procuravano è stato buttarcisi a capofitto, letteralmente.

A Cagliari, durante gli allenamenti per la Coppa America del 2021, ho preso lezioni di nuoto. Ho iniziato quindi con la subacquea e l’apnea. Mi dicevo “pazzesco, tutti questi anni passati sopra l’acqua, ad esserne intimorito, e guarda cosa mi perdevo qui sotto”. Mondi inesplorati, in cui l’uomo è solamente un ospite che altro non può fare che restare meravigliato. Conoscere significa anche rispettare.

In maniera del tutto naturale, parlando di rispetto, Matteo non può non soffermarsi sul tema della sostenibilità.

Il tema della sostenibilità marittima è molto sentito per chi lavora nel mio ambiente: quando vivi per mare ti imbatti in ogni tipo di rifiuto, soprattutto dopo una tempesta che riporta a galla o verso la riva ogni genere di spazzatura. Dobbiamo pensare che ogni piccolo gesto, ogni piccola negligenza, ha ripercussioni sull’intero sistema: amate il mare e se potete raccogliere una cartaccia dalla spiaggia prima che finisca tra le onde… fatelo! Io amo follemente i paesaggi italiani e ogni volta che li vedo imbruttiti dalla pigrizia e noncuranza umana è per me un grande dispiacere.

 

I.B.

I PREFERITI DI MATTEO

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La particolare tasca posteriore a pattina aggiunge grinta all’eleganza del chino Giorgio.

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